giovedì 21 marzo 2013

Web Stories ∞ Frammenti

La web story di oggi ce la regala Ciottolina sul tema #Frammenti.

Alle elementari avevo un’amica del cuore. Si chiamava Martina. L’ho conosciuta perché le altre bambine mi snobbavano, ero un maschiaccio, avevo i capelli corti, giocavo a palla e me ne infischiavo delle bambole. Si è avvicinata e abbiamo cominciato a giocare a palla insieme. Vedevo in lei un po’ di me, come si vestiva, come si muoveva, le idee che aveva, i giochi che inventava.
Ogni giorno che nasceva ci vedeva insieme.
Insieme a scuola, vicine di banco, nell’intervallo. Poi un paio di pomeriggi ci incontravamo a casa mia o a casa sua, tranne il mercoledì che aveva nuoto.
Avevo un cammello gigante, lei ci saliva sopra e con un microfono immaginario facevamo finta di essere in Egitto a girare un reportage, ed io facevo la regista.
Ricordo ancora l’odore di casa sua, il campo con gli alberi da frutto dove scorrazzavamo felici, sicure della nostra amicizia e della nostra complicità.
Ero gelosa di lei, del tempo che non passavamo insieme, dei suoi pomeriggi dedicati allo sport, dei weekend nella casa paterna lontano da me.
Così, il tempo che passavo sola, senza di lei, passava lento, era noioso non avere qualcuno di così speciale intorno.
Mia madre mi spronava ad invitare altri amichetti e amichette, ma senza di lei niente aveva senso, non mi divertivo.
Ero piuttosto testarda, “o lei o niente”.
Gli altri non avevano ciò che io vedevo in Lei.
E ciò che vedevo in lei era un frammento di Me.
Qualcosa si era staccato dal mio cuore, dalla mia testa, dalla mia anima per andarsi a posare dolcemente su di lei, per poi penetrarla fino alla sua essenza.

Primo giorno di superiori. Banchi messi a ferro di cavallo, mi guardo intorno e vedo 25 facce nuove, vestiti e zaini di mille colori diversi, sospiri, parole timide sussurrate, sorrisi accennati.
Poi, i suoi occhi.
La mia attenzione viene attirata da due occhi neri, che mi fissano, come se volessero vedermi dentro, come se mi vedessero già dentro, nuda.
“È lei” così mi dice una vocina dentro di me. Io alzo le spalle e cerco di fare amicizia un po’ con tutti.
I giorni passano, la confidenza aumenta, cominciamo a divertirci, a formare un bel gruppo affiatato, ma gli occhi neri mi fissano sempre.
Si sgranano quando scopriamo di avere gli stessi gusti musicali, ci piacciono i Nirvana anzichè la musica da discoteca. Così decidiamo di conoscerci meglio.
Gli occhi neri hanno un nome. Cecilia.
Cecilia e io parliamo ore e ore, prendiamo il tram insieme e andiamo in centro, passiamo la notte a ridere e a chiacchierare, a vedere i video musicali su mtv, ci scambiamo i diari, le parole, i pensieri, le anime.
Siamo molto diverse ad una prima occhiata. Ma scavando, con il linguaggio dell’anima, ci si accorge che molte cose ci accomunano, che sembriamo divise alla nascita, che talvolta noi stesse ci spaventiamo perchè pensiamo o diciamo la stessa cosa nello stesso momento.
Così passano le prime cotte, i primi amori, ma anche i fraintendimenti, le litigate, i dubbi.
Le estati passate divise, le separazioni, le incomprensioni.
Non è stato tutto facile e lineare, ci sono stati periodi bui, periodi in cui seriamente credevo di avere perso la Cecilia che era dentro di me, un bocciolo che invece di morire di stenti è fiorito, a sorpresa.
Ci sono ricordi che non sono più miei, ci sono ricordi che non sono più suoi. A volte credo di avere vissuto due vite. Di conoscerla da sempre, da quando abitava in Svizzera, da quando era una bambina. A volte mi sembra di ricordare cose di Lei che non ho nemmeno vissuto, ma che mi ha solamente raccontato.
Non c’è un motivo per tutto questo, non c’è una logica. Ho cercato spiegazioni, ma non le ho mai trovate.
Gli occhi neri sono sempre lì, ancora oggi, dopo 15 anni.

Sasha.
Era un giorno caldo di giugno.
Di lui non ricordo l’attimo preciso in cui i miei occhi hanno incontrato i suoi.
Spero mi verrà in aiuto un sogno.
Però mi ricordo il suo imbarazzo a chiedermi il numero di telefono, la mia eccitazione per la prima uscita, il bocciolo di rosa che mi ha donato, il nostro primo bacio.
Con lui mi si è aperto un nuovo mondo: i sapori, gli odori, i colori erano più vivi, freschi, più buoni.
Mi si è insinuato dentro a poco a poco, come un veleno mi ha paralizzato i pensieri: l’istinto e il cuore finalmente non avevano freno.
Era stupendo vivere su un’altalena, con la costante paura di cadere, gli attimi di sconforto, la sofferenza dovuta alla lontananza, che venivano ripagate da un senso di libertà estrema, di voglia di vivere all’ennesima potenza, dalla sfrontatezza, dalla sensazione di infinito che le nostre due anime creavano insieme.
Nulla era logico, razionale, tutto era fantastico, una favola dalla quale non avrei voluto svegliarmi. Mai.
Perché credevo di essere già morta in paradiso.
Perché credevo che più felici di così non si poteva essere.
Perché l’anima gemella esiste e io l’avevo trovata.
Con nessuna persona mi era mai capitato di sentirmi così speciale, non avevo mai pensato di poter appartenere a qualcuno se non a me stessa, di avere la capacità di lasciarmi andare, trascinata da un fiume impetuoso di emozioni, fitte, voglie, di desideri così intensi.
Gli altri non riuscivano a capire come ci sentivamo, ci prendevano in giro, e noi li compativamo, perché sapevamo che loro non potevano capire senza essere innamorati come lo eravamo noi.
Così uniti, legati da una magia indissolubile, senza fine, che c’è, ma non si vede... mescolati, così da non sapere dove inizia uno e finisce l’altro...frammenti di Amore dissolti nel sangue...contaminandolo in eterno.
Non c’è antidoto per il Nostro veleno.

***
L'Autrice si presenta
Classe 1984. Scrivo principalmente sul classico “diario segreto”, e dal 2008 racconti brevi, che mi hanno portato alla stesura  e alla pubblicazione nel 2010 di Nuvole Rosa (Albatros Il Filo)

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